lunedì 30 novembre 2009

da Antonia Pozzi, con Pudore.


Il docu-film di Marina Spada “Poesia che mi guardi” è un omaggio ad Antonia Pozzi, una straordinaria poetessa milanese nata nel 1912 e morta nel 1938, a soli ventisei anni.

La sua breve esistenza e opera rivivono – nel film – grazie a un gruppo di giovani milanesi che credono nel “contagio poetico” e che diffondono “il verbo” affiggendo sui muri di Milano (mai così poco poetica come oggi) manifesti in versi.

Il film si avvale delle fotografie della stessa Pozzi (una sua grande passione era infatti la fotografia, come strumento poetico per il “fermo immagine”) e di alcuni filmini familiari dell’epoca.

Antonia è costretta a nascondere fin da subito il suo cuore straripante di poesia all’ambiente alto-borghese in cui nasce e cresce, che associa i suoi tormenti e “disordini” esistenziali proprio alla sua passione per la scrittura (“scrivi il meno possibile”, le dicevano i suoi amici).

Giovanissima vive e scopre l’inquietudine e il tormento dell’amore quando si innamora del professore di greco, Antonio Maria Cervi.

“È terribile essere una donna, ed avere diciassette anni. Dentro non si ha che un pazzo desiderio di donarsi.”

Questa passione, fermamente ostacolata dalla famiglia che si adopererà in tutti i modi per far trasferire il professore da Milano a Roma, produrrà una ferita che rimarrà indelebile nell’animo della poetessa.

Antonia vive di agi, viaggia, studia, frequenta ambienti privilegiati ed esclusivi, ma è predestinata ad una vita poetica e cerca la poesia ovunque, e per questo si sente sola, fuori tempo e fuori luogo nell’ambiente in cui vive e nella società – fascista - che in quegli anni promulga (provocando sconcerto e turbamento nella poetessa) le leggi razziali.

“Io prima sapevo che c'è tanto male nel mondo, ma così, "a priori": non l'avevo mai toccato con le mie mani, veduto negli occhi di quelli che credevo fratelli. Ora, io l'ho veduto. E sono rimasta completamente sola, staccata da tutti, per salvare me e gli altri”.

La poesia è azione”, scrive Filippo Tommaso Marinetti in quel tempo, e forse questa necessità e convinzione spinge Antonia a scegliere il modo più poetico possibile per lasciare uno dei più brutti mondi possibili, che si preparava agli orrori della guerra.

Scrive Antonia Pozzi in una lettera, l’anno della sua morte:

[…]Forse anche erano i morti, di cui sotto le Cime e la Forcella di Lavaredo si trovano le ossa bianche sparse, benedette e purificate dalla neve e dal sole; i morti della nostra guerra, forse, che cantavano nel sole di mezzogiorno, per la mia stanchezza ebbra, per il mio corpo di ragazza sull'erba breve e puntuta, per il mio cuore stretto contro un masso di granito bianco e le mie mani posate amorosamente sull'appiglio […] Se potessi sempre ricordarmi di quell'ora, la vita sarebbe una vittoria continua […]

Sul sito internet dedicato ad Antonia Pozzi (http://www.antoniapozzi.it) si trova una scheda del film e un’intervista di Tiziana Altea (realizzatrice e curatrice del sito) a Marina Spada.

Poesia che mi guardi è una riflessione sulla poesia e sulla sua necessità – ha dichiarato Marina Spada, regista del film –. Amo la poesia e amo i poeti perché danno voce, coraggiosamente, a ciò che di solito è taciuto. Antonia Pozzi, in particolare, mi aveva fulminata perché la sua poesia è libera, carnale, sincera. Mi affascinava questa giovane donna costretta a nascondere, dietro l’apparenza borghese, una passionalità intensa che mal si conciliava con le strettoie e le convenzioni dell’epoca. Antonia Pozzi era sola perché, come tutti gli imperdonabili, era troppo moderna per essere compresa. Ha saputo guardare, senza ritrarsi, la bellezza e il dolore del mondo e testimoniare se stessa. Morta suicida, come spesso è accaduto alle donne poeta, è nata e vissuta a Milano, come me”.

Pudore

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.

Antonia Pozzi, 1° febbraio 1933.


“Poesia che mi guardi”, in programmazione al Cinema Mexico (sottotitolato in inglese), è preceduto da “Nora”, film (sottotitolato in inglese e italiano) che racconta – attraverso splendide immagini di danza contemporanea e tradizionale africana - la storia di una ballerina dello Zimbabwe che vive a New York e che ritorna nel suo paese per rivivere i luoghi della sua infanzia. Molto significativa la scena auto-ironica in cui Nora insegna, in inglese, ai bambini (rigorosamente vestiti con camicie bianche) come far diventare bianchi i denti servendosi di un dentifricio simbolo del consumismo su scala globale.

2 commenti:

  1. Grazie per questa recensione!
    nella mia infinita ignoranza non conoscevo questa poetessa...
    cercherò di andare a vedere il film!

    RispondiElimina
  2. Ancora in programmazione mercoledì 20 gennaio alle ore 21.00 presso il Cinema Area Metropolis 2.0 di Paderno Dugnano (Via Oslavia 8 – 20037 - Tel. 02.9189181). In questa occasione la regista Marina Spada sarà presente in sala e leggerà alcuni brani di Antonia Pozzi tratti da Diari e Poesie.

    RispondiElimina